La Turchia ospiterà la COP31 dopo il compromesso non convenzionale con l’Australia

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Il prossimo grande vertice sul clima delle Nazioni Unite, COP31, si terrà in Turchia dopo che l’Australia ha inaspettatamente accettato di ritirare la propria candidatura. Questa decisione fa seguito a negoziati tesi alla COP30 in corso in Brasile, dove una situazione di stallo ha minacciato di spostare l’evento nella sede predefinita delle Nazioni Unite a Bonn, in Germania. L’insolito accordo – con la Turchia che ospita mentre un ministro australiano presiede i colloqui – sottolinea le complesse dinamiche politiche che modellano i negoziati internazionali sul clima.

Un’offerta controversa e un accordo dell’ultimo minuto

Secondo le regole delle Nazioni Unite, il vertice COP del 2026 è stato assegnato a un gruppo comprendente le nazioni dell’Europa occidentale e l’Australia. Nessuno dei due paesi era disposto a cedere, creando una situazione di stallo che rischiava di minare la credibilità del vertice. L’Australia ha spinto in modo aggressivo per ospitare Adelaide, sottolineando il suo impegno nei confronti delle nazioni insulari del Pacifico vulnerabili ai cambiamenti climatici. La Turchia, a sua volta, ha sostenuto la propria richiesta basandosi sul fatto di aver rinviato al Regno Unito il vertice di Glasgow del 2021.

Il compromesso è emerso dalle discussioni a porte chiuse della COP30: la Turchia ospiterà l’evento principale ad Antalya, mentre il ministro australiano del Clima Chris Bowen presiederà i negoziati. Ciò rompe con la tradizione, poiché il presidente della COP proviene tipicamente dal paese ospitante. Bowen insiste che eserciterà la piena autorità presidenziale, compreso il controllo sui negoziati, sulle bozze dei testi e sulle decisioni finali. La Turchia gestirà gli aspetti logistici del vertice.

Reazioni contrastanti dalle nazioni del Pacifico

L’accordo ha suscitato reazioni contrastanti. Il primo ministro australiano Anthony Albanese lo ha salutato come un “risultato eccezionale”, promettendo di dare priorità alle questioni del Pacifico. Tuttavia, i leader della Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone hanno espresso delusione, sperando di vedere il vertice ospitato nella loro regione. Il ministro degli Esteri della Papua Nuova Guinea, Justin Tkatchenko, ha dichiarato senza mezzi termini che “non siamo tutti felici”.

La riluttanza delle nazioni del Pacifico è comprensibile. Queste isole sono tra le prime a soffrire dell’innalzamento del livello del mare e di eventi meteorologici estremi, il che le rende profondamente coinvolte nell’azione per il clima. Ospitare il vertice nella regione avrebbe amplificato le loro voci e la pressione per ottenere risultati tangibili.

Perché è importante

Questa situazione evidenzia i limiti del processo decisionale basato sul consenso nella politica climatica internazionale. Se da un lato il compromesso evita imbarazzo per le Nazioni Unite, dall’altro solleva anche interrogativi sulle dinamiche di potere e su quali siano gli interessi che realmente guidano questi eventi. Il fatto che un importante vertice si stia tenendo in Turchia – un paese con precedenti climatici contrastanti – mentre la sua leadership è affidata all’Australia sottolinea come le considerazioni geopolitiche spesso superino le preoccupazioni ambientali.

L’accordo costituisce anche un precedente per i futuri vertici COP. Se la leadership di una nazione ospitante potesse essere dissociata dalla sua posizione fisica, ciò potrebbe aprire la porta a ulteriori compromessi che darebbero priorità all’opportunità politica rispetto a un’autentica azione climatica.

L’accordo, ora in attesa di ratifica da oltre 190 nazioni, difficilmente incontrerà resistenza date le difficoltà nel raggiungere questo compromesso. Il mondo osserverà attentamente per vedere se questo accordo non ortodosso può portare progressi significativi sul cambiamento climatico.