Golfo di Suez: una spaccatura al rallentatore che continua a separare Africa e Asia

25

Il Golfo di Suez, a lungo considerato un tentativo fallito di creare un nuovo oceano, si sta ancora ampliando attivamente, anche se a un ritmo glaciale. Una nuova ricerca conferma che questo confine geologico critico tra Africa e Asia continua ad allungarsi di circa 0,5 millimetri ogni anno, sfidando i modelli geologici convenzionali.

La storia convenzionale: una frattura fallita

Circa 28 milioni di anni fa, la placca tettonica araba iniziò a separarsi da quella africana, dando inizio alla formazione di quello che sarebbe diventato il Golfo di Suez. Questo processo porta tipicamente alla nascita di un nuovo bacino oceanico, come visto nel Mar Rosso. Tuttavia, circa 5 milioni di anni fa, la spaccatura sembrò arrestarsi, lasciando Suez come un golfo anziché come un oceano completamente formato.

Per decenni questa è stata la narrazione accettata. Tuttavia, sottili indizi suggerivano il contrario: antiche barriere coralline sollevate, attività sismica minore e deformazione localizzata del terreno. Queste anomalie suggeriscono un movimento tettonico in corso, anche se estremamente lento.

Nuove prove: una spaccatura in decelerazione, non fallita

Una recente ricerca, pubblicata su Geophysical Research Letters, mette in discussione la designazione di “rift fallito”. Gli scienziati hanno analizzato la topografia, i percorsi fluviali e l’elevazione delle antiche barriere coralline lungo la zona di rift di 300 chilometri. Le prove rivelano un modello coerente di allungamento continuo, nonostante un rallentamento significativo circa 5 milioni di anni fa.

La scoperta chiave è che il Golfo di Suez non è una caratteristica geologica statica. Si tratta invece di una spaccatura in decelerazione, che continua ad aprirsi, anche se a un ritmo paragonabile all’estensione che si verifica nella provincia del Basin and Range degli Stati Uniti occidentali.

Perché è importante: oltre i libri di testo

Le implicazioni di questa scoperta vanno oltre il dibattito accademico. Il continuo, anche se lento, rifting suggerisce che il Golfo di Suez potrebbe essere più incline all’attività sismica di quanto si credesse in precedenza. L’instabilità tettonica della regione, a lungo sottovalutata, potrebbe rappresentare un pericolo sottovalutato.

Inoltre, i risultati impongono una rivalutazione di altre cosiddette “fratture fallite” in tutto il mondo. Se la spaccatura di Suez non si è veramente fermata, altre regioni etichettate come inattive potrebbero ancora ospitare forze tettoniche nascoste.

La persistenza delle forze tettoniche

L’autore principale dello studio, David Fernández-Blanco, sottolinea che gli spostamenti dei confini delle placche non necessariamente fermano del tutto il rifting. Le forze che guidano questi processi sono più complesse e persistenti di quanto suggerisca il semplice movimento delle placche. Anche se l’azione tettonica si è spostata verso il Mar Morto, il Golfo di Suez ha continuato ad allungarsi, anche se a un ritmo ridotto.

Questa ricerca sottolinea la natura dinamica dei sistemi tettonici della Terra. La crosta del pianeta non si sta semplicemente disintegrando o stabilizzandosi; è in un costante stato di adattamento, con movimenti lenti e persistenti che modellano i paesaggi nel corso di milioni di anni.

Il Golfo di Suez ci ricorda chiaramente che anche le caratteristiche geologiche apparentemente inattive possono ospitare forze nascoste, mettendo alla prova la nostra comprensione della superficie in continua evoluzione della Terra.